I disagi psicologici hanno un’eziologia complessa difficilmente spiegabile secondo un principio deterministico. Diversi sono gli studi che hanno tentato di rintracciare le origini di tali disturbi pervenendo, però, solo a spiegazioni parziali. La questione delle cause riveste una certa importanza per chi si trova ad interagire con coloro che soffrono di disagi soprattutto se adolescenti. In quei casi la domanda sulle cause diventa una sorta di “spada di damocle” che ossessiona i genitori: la causa, infatti, viene spesso vissuta come “colpa” e quindi per alcune famiglie diventa particolarmente importante capire l’origine del disturbo.
Le cause delle problematiche mentali, però, non sono di semplice identificazione. Alcuni studi ad esempio hanno evidenziato un livello di concordanza nei gemelli monozigoti che hanno lo stesso patrimonio genetico, maggiore di quello dei gemelli dizigoti che condividono solo parte del patrimonio. Per concordanza si intende la percentuali di casi in cui il disturbo si presenta in entrambi i fratelli. La differenza, secondo gli studiosi, dimostrerebbe che il patrimonio genetico incide sul rischio di sviluppare un disagio mentale. In uno studio condotto in Danimarca ad esempio si è riscontrato un livello di concordanza per le coppie monozigoti pari al 36% e al 18% per quelle dizigoti (Fisher et al, 1969). Un altro metodo si prefiggeva di confrontare la percentuale di casi di disagio nelle coppie di gemelli cresciute separatamente. Gli studi sopra riportati suggeriscono che alcuni tipi di disagio sono in parte facilitati da una componente genetica che però non è sufficiente a spiegare il disturbo. Se infatti i disagi psicologici avessero un’eziologia genetica, allora il livello di concordanza dei gemelli monozigoti sarebbe pari al 100%.
Uno dei modelli di spiegazione più diffuso evidenzia la presenza di un’eziologia multifattoriale (modello vulnerabilità stress-coping). Secondo tale modello i fattori genetici genererebbero una maggiore vulnerabilità al disagio che potrebbe aumentare ulteriormente a causa di fattori pre o peri-natali. Tra questi abbiamo le nascite pre-termine, l’influenza della madre durante la gravidanza, l’anossia durante il parto o le altre complicanze per-natali. Tutti questi fattori agirebbero generando una maggiore vulnerabilità ad un disagio ma non ne determinerebbe l’esordio. Importanti sono anche i fattori ambientali come la società, la famiglia, i traumi ecc. Tutto questo potrebbe determinare un abbassamento della soglia oltre la quale il disagio potrebbe presentarsi. E’ come se la personalità si fosse formata con qualche area di fragilità; come un vaso con delle crepe. Il vaso resterebbe integro e potrebbe restarlo per sempre a meno che non ci siano fattori stressanti ovvero stressor psico-sociali come i traumi, in grado di colpire i punti di fragilità generando la sua rottura e quindi l’esordio del disagio. Secondo il modello stress-coping esisterebbero anche dei fattori di protezione ovvero dei fattori psico-sociali in grado di incrementare la soglia oltre la quale può manifestarsi un disagio. Tra questi abbiamo tutte le esperienze positive che possono aumentare l’autostima delle persone, il senso di appartenenza ad un gruppo coeso, un lavoro gratificante ecc. Anche l’uso di alcune droghe potrebbe incrementare il rischio di disagio.
Un lavoro di prevenzione punta, non ad intervenire dopo la frattura delle “crepe della personalità”, ma ad incrementare la soglia oltre la quale può presentarsi un disagio. Importante è l’intervento non solo sulla personalità migliorando le strategie per fronteggiare lo stress, ma anche sul contesto ambientale (interventi psico-sociali sui gruppi) per migliorare i fattori di protezione ambientale.
Data l’eziologia complessa dei disagi psicologici sarebbe auspicabile uscire dalla logica della “colpa” per focalizzarsi sulla prevenzione secondaria. Purtroppo non possiamo agire sulle cause dei disturbi psicologici ma migliorare i fattori di protezione ed alzare la soglia oltre la quale i disagi possono presentarsi.