Sicuramente non capita di rado che, individui alle prese con la ricerca del partner giusto, inesorabilmente si trovino alle prese con storie tra loro molto simili che, quasi matematicamente, finiscono allo stesso modo. Un caso oppure siamo inclini a commettere sempre lo stesso errore? se proviamo a raccontare le storie di alcune persone potremmo tracciare delle trame costanti, dei comuni denominatori cosìcchèl alcune narrazioni sembrano proprio ripetersi infinite volte e a cambiare sono solo i personaggi. Ed ecco sentire la nostra amica che di nuovo ha trovato l’uomo dei suoi sogni: quello che la svaluta, la picchia, l’abbandona e la fa sentire una nullità oppure di nuovo dopo aver giurato più e più volte a noi stessi che non avremmo mai tradito la persona amata ci troviamo immersi in due o più relazioni che non riusciamo più a gestire. Freud la chiamava “coazione a ripetere” ovvero una tendenza innata dell’essere umano alla distruttività che porta le persone a mettere in atto comportamenti e modalità relazionali dolorose. Secondo altri nella coazione a ripetere c’è comunque uno sforzo di problem solving: ovvero il soggetto rivivendo un’esperienza dolorosa tenterebbe di cambiare il finale per superarla. Un modello esplicativo molto semplice deriva dalla toeria dell’attaccamento (Bowlby). Secondo Bowlby nelle persone esiste una tendenza innata a stabilire prima una prossimità fisica con l’altro ritenuto in grado di provvedere ai suoi bisogni (il caregiver) ed in seguito una vicinanza affettiva. Le interazione ripetute tra il bambino ed il caregiver creerebbero degli stili di attaccamento ovvero delle modalità stabili di relazione. Se ad empio la persona che si è presa cura di noi è anche quella che ci ha fatto del male, potremmo sviluppare un’ambivalenza nella relaizone con l’altro: la vicinanza eccessiva sarebbe pericolosa perchè ci farebbe rivivere esperienze traumatiche ma l’allontanemento sarebbe allo stesso modo pericoloso perchè ci farebbe sprofondare in una terribile angoscia d’abbandono non avendo interiorizzato una relazione sicura con l’altro. Ne consegue che nelle relazioni non riusciremmo ad elaborare nè la separazione nè l’avvicinamento e potremmo costantemente trovarci alle prese con rapporti ambivalenti dove ci si lascia e ci si prende o dove ci si avvicina e ci si allontana senza riuscire a trovare mai la giusta distanza. Tali modalità di relazione o stili di attaccamento, vengono messi in atto in maniera inconsapevole perchè le prime esperienze relazionali sono iscritte nella memoria implicita o automatica. Ci ricordiamo come si cammina in maniera automatica senza bisogno di portare alla coscienza i singoli movimenti dei piedi. Allo stesso modo stiamo in relazione alle persone senza portare alla coscienza perchè ci allontaniamo o ci avviciniamo, perchè giochiamo sempre il ruolo del o della “crocerossina”, perchè ci chiudiamo e via dicendo. Lo facciamo in maniera inconsapevole proprio come camminiamo o andiamo in bicicletta. Talvolta queste modalità sono disfunzionali per la nostra crescita psicologica. Per correggerle dovremmo cercare di portarle alla coscienza e poi sperimentare altri modi, proprio come si fa quando si è appreso un movimento in maniera errata e si tenta di modificarlo. Quando scegliamo il parner sbagliato e la storia sembra proprio sempre la stessa, forse il nostro inconscio ci sta facendo uno scherzetto e stiamo ancora mettendo in atto quel ” movimento” che abbiamo appreso e che sappiamo fare bene. Il primo passo è vedere cosa si cela sotto la superficie!!!